Sono trascorsi novant’anni da quando Turati fuggì dall’Italia per raggiungere, prima la Corsica e poi Parigi per sottrarsi alla polizia fascista che lo cercava per condurlo a S. Vittore.

Il comitato clandestino, sovvenzionato da Rosselli e Albertini, per  aiutare gli esponenti più in vista dell’antifascismo ad espatriare si era già adoperato per la fuga di Claudio Treves, socialista riformista, fra i più invisi al fascismo milanese. La via di fuga era stata sperimentata, allontanamento da Milano per una località vicino a Varese e poi l’espatrio, il più delle volte nella vicina Confederazione Elvetica.

Turati si allontanò da Milano il 20 novembre del 1926 grazie all’aiuto di Carlo Rosselli e Ferruccio Parri. Non era semplice eludere la sorveglianza della polizia, tenuto conto che il leader socialista abitava nel centro di Milano e che la sua casa era sorvegliata notte e giorno da uomini della Questura. Carlo Rosselli e Ferruccio Parri, combattenti nella prima guerra mondiale, erano personalità decise, uomini d’azione, oltre che intellettuali riflessivi. Elusa la sorveglianza poliziesca, condussero Turati in automobile a Caronno Ghiringhello (nome che l’attuale Caronno Varesino mantenne fino al 1940), dove Ettore Albini, segretario di amministrazione di Critica Sociale possedeva una casa in un luogo isolato.

Turati si trattenne a Caronno G. per 12 giorni confortato dall’Albini, amico di antico data e assistito da Rosselli che fece la spola da Milano portandogli piccole cose che potessero alleviare la sua situazione. Trascorse giorni amari, demoralizzato, piuttosto “malconcio di salute”, in un clima di nostalgia, prese a dormire con una pistola   sotto il guanciale, intenzionato a non subire il carcere, a non farsi prendere vivo dalla polizia fascista se fosse sopraggiunta. Le serate di Caronno G. furono descritte dall’Albini  – e da tutti coloro che si trovarono ospiti in quei giorni funesti – come “indimenticabili”. Le serate trascorsero ascoltando Turati che ricordava con nostalgia i tempi andati e gli albori del partito socialista.

Turati compì 75 anni proprio  in quei giorni, il 26 novembre del 1926 mentre si trovava a Caronno G., festeggiato dai giovani discepoli e dall’amico Albinie non fu facile convincerlo ad accelerare la fuga dall’Italia. Il 2 dicembre 1926, vista l’impossibilità di far espatriare Turati nella vicina Svizzera, Rosselli e Parri lo condussero in automobile  in Piemonte, ad Ivrea dove furono ospitati dalla famiglia di Adriano Olivetti. Da Ivrea si recarono a Torino in casa di Giuseppe Levi e il 7 dicembre raggiunsero Savona dove li attendeva il giovane avvocato socialista, Sandro Pertini. La sera del giorno 11 dicembre 1926, Rosselli, Parri e Turati partono con Sandro Pertini e Giacomo Oxilia, savonese per la Corsica. Sbarcano a Calvi il 12 dicembre del 1926 dopo una travagliata traversata durata circa 12 ore.

A Caronno G., subito dopo la partenza di Turati, erano sopravvenuti gli emissari  della Questura per invitarlo a rientrare a Milano dove prefetto e questore gli garantivano l’incolumità. Secondo il racconto dell’Albini che mostrò la casa vuota ai “questurini”, il messaggio di cui erano latori era talmente improbabile che persino i due messaggeri tirarono un sospiro di sollievo non trovando Turati.

Come era potuto accadere che le indagini poliziesche fossero state così lente? “Turati era salvo perchè un incidente aveva sviato le indagini poliziesche. Si era saputo che Turati era ospite dell’Albini. Ma dove? L’arresto di un portinaio svelò il nome della località: Caronno. Ma la topografia,  – le sia fatta lode! – burlò la Questura.   Di Caronno ce ne sono tre. La polizia cercò Turati nel Caronno più vicino, più alla mano: Caronno di Saronno”, così raccontò anni dopo Nino Mazzoni, in un affettuoso ritratto di Turati .

La polizia pensò che Turati fosse fuggito a Caronno Milanese una località non distante da Saronno, all’epoca non ancora provincia di Varese. Il grottesco errore poliziesco consentì a Turati di salvarsi, ma l’errore poliziesco non fu senza conseguenze. L’Albini fu ritenuto responsabile di quanto era accaduto e condotto a S. Vittore dove erano già “ospiti” Gonzales, Gilardoni, Pini, Caldara. Socialisti milanesi e amici di Turati. L’Albini fu in seguito processato nel processo di Savona del dicembre 1927 e condannato insieme a Pertini e gli altri esponenti socialisti che avevano progettato e portato a termine la fuga di Turati.

La polizia perse tempo a cercare inutilmente Turati a Caronno Milanese che dista almeno quaranta km da Caronno Ghiringhello dove arrivò ore dopo la fuga.  Come fu possibile un errore all’apparenza tanto banale?  La burocrazia fece la sua parte: un errore del casellario politico (strumento in cui si archiviavano meticolosamente i dati dei sovversivi) l’Albini, era registrato come nato a Caronno (vicino a Saronno). Ricevuta la segnalazione del coinvolgimento dell’Albini nella fuga di Turati, la questura si avvalse delle informazioni in suo possesso. La squadra della polizia politica non feve altro che recarsi nella località più vicino a Milano incorrendo in una  impensabile beffa.

Le carte del casellario politico giunte all’Archivio Centrale dello Stato sono ancora lì a testimoniare l’errata registrazione del luogo di nascita dell’Albini. Fu un inconsapevole errore burocratico di qualche ingenuo poliziotto a consentire a Turati di raggiungere la Francia da uomo libero e salvarsi dalle carceri fasciste!

Fonti:

N. Mazzoni, Ricordo di Turati, in “Corriere d’Informazione”, 4/5 marzo 1946.

F. Catalano, Turati, Dall’Oglio Editore, 1982, cap. La fuga in Francia, pp. 317-328.

R. Ghiringhelli, Ettore Albini dal processo di Savona alla liberazione, in La Resistenza in provincia di Varese: il 1945, Varese 1986